La vita
Nacque a Sorrento l’11 marzo del 1544. A otto anni dovette abbandonare la madre, che non rivide più, per seguire in esilio il padre Bernardo, un letterato che seguiva in esilio il suo Signore, anch’egli autore di un poema cavalleresco, l’Amadigi. Insieme viaggiarono molto.
Tasso studiò legge, filosofia ed eloquenza all’Università di Padova, rinomata sede di studi aristotelici, dove iniziò la stesura del Rinaldo, oltre a comporre alcune rime.
Nel 1565 iniziò a lavorare alla corte ferrarese, presso il cardinale d’Este. I dieci anni che seguirono furono i più felici e prosperi della sua intera vita. In questo periodo scrisse l’Aminta e la Gerusalemme Liberata.
Con il 1575 iniziò il turbamento di carattere religioso: ossessionato dall’ortodossia religiosa, si sottopose volontariamente all’esame dell’Inquisizione. Inoltre era anche fortemente insoddisfatto per la qualità stilistica della sua opera maggiore, la Gerusalemme Liberata, che sottopose al giudizio di letterati e teologi.
In un paio d’anni il suo comportamento divenne sempre più instabile, ossessionato da una mania di persecuzione. Un giorno, convinto di essere spiato, accoltellò un servitore. Venne rinchiuso per qualche tempo in un convento finchè riuscì a fuggire. Vagò per l’Italia fino al 1579, anno in cui fece ritorno alla corte di Ferrara.
Alla corte si sentiva inadeguato ed incompreso. Egli infatti aveva precedentemente individuato nella corte il luogo ideale per esprimersi. La contraddizione tra realtà ed idealità favorì l’accentuarsi delle tensioni. Dopo poco tempo, ebbe una nuova violenta manifestazione di aggressività verso il duca. Questa volta venne rinchiuso in ospedale in isolamento e legato come un pazzo.
Nel corso dei sette anni di isolamento, ebbe momenti di lucida tranquillità, durante i quali compose liriche, lettere ed opere brevi.
Nel 1586 potè lasciare l’ospedale e trasferirsi a Mantova. Qui compose Re Torrismondo e cominciò una revisione profonda della sua Gerusalemme.
Iniziò di nuovo a vagare per l’Italia. Morì a Roma nel 1595 proprio mentre erano in corso il procedimento per incoronarlo poeta in Campidoglio.
Tasso e Ariosto a confronto.
Tasso è, insieme ad Ariosto, il più grande poeta del Cinquecento. Tuttavia Tasso appare molto lontano da Ariosto, psicologicamente e poeticamente.
Nella figura e nell’opera di Tasso si rispecchiano le tensioni e le contraddizioni di un periodo ormai differente da quello di Ariosto, anche se erano passati pochi anni.
• la Chiesa aveva iniziato la sua offensiva dando inizio alla Controriforma; il concilio di Trento si era concluso nel 1563.
• l’Italia era sotto il dominio spagnolo e si profilava il rischio di un attacco turco
• in letteratura l’aristotelismo sanciva precise e rigidissime regole
Chiaramente tutto ciò creò ulteriori conflitti filosofici e religiosi:
nuovi sentimenti religiosi:
• rinnovata sensibilità religiosa
• acuto senso del peccato e della fragilità umana
• conflitto fra carne e spirito
eredità della cultura rinascimentale:
• esigenza di un mondo sereno e armonioso
• affermazione delle proprie potenzialità umane
• esigenza di gioie terrene
Come uomo Tasso fu sempre inquieto e tormentato, diversamente da Ariosto che, pur consapevole della contraddizione e del conflitto, non se ne lasciò mai travolgere, anzi cercò di ironizzare, sdrammatizzare. Tasso venne invece schiacciato da questi conflitti, ma per la sua poesia ciò costituì un arricchimento.
Gli ideali poetici
Pur dedicandosi alla stesura di opere di genere diverso, Tasso preferì senz’altro l’epica.
• Per i contenuti più importanti
• Per lo sforzo stilistico che richiedeva
• Per la maggior possibiltà di successo entro l’elite culturale
Come poeta Tasso aderì totalmente al classicismo aristotelico e quindi al rigido rispetto per la precettistica classica, per la poetica dei generi, per un lessico ed una sintassi contrassegnati dalla razionalità.
Tasso rispettò pienamente l’eredità poetica rinascimentale ma seppe sviluppare altre capacità espressive fino ad un limite estremo, riuscendo a dar voce ad una sensibilità estetica e morale molto diversa dal classicismo in cui era nata, come la ricerca della musicalità del verso ed il frequente ricorso alle figure retoriche, che già annunciavano la poesia barocca.
ALTRE OPERE
Rinaldo
E’ un poema cavalleresco di dodici canti in ottave scritto negli anni giovanili e pubblicato nel 1562.
Parla del paladino Rinaldo, futuro sposo di Clarice, che per servire la fede lascia Parigi e vaga per il mondo, fra duelli, inseguimenti, salvataggi, finchè non finisce nel regno della regina di Media, che gli fa dimenticare i suoi doveri ed il suo amore. Alla fine riesce a liberarsi per tornare a Parigi e sposare Clarice.
In questo poema Tasso si lascia fortemente influenzare dalle regole epiche aristoteliche perchè sta studiando a Padova, fondendole con alcune indicazioni tratte dall’opera paterna, l’Armadigi.
Comunque questo primo lavoro, anche se imperfetto per lo sforzo di mettere insieme aristotelismo e varietà tematiche, gli servirà per il suo capolavoro.
Infatti già nel Rinaldo appare un interessante uso dell’ottava che verrà ripreso nella Gerusalemme Liberata.
Aminta
L’Aminta è un dramma pastorale in 5 atti in settenari ed endecasillabi. Il tono è lirico ed i sentimenti predominano sulle azioni. Tematiche: amore e morte.
E’ la storia d’amore del pastore Aminta per Silvia, insensibile nonostante vari stratagemmi per farla innamorare. Solo alla fine, quando si diffonde la falsa notizia che Silvia è stata sbranata da un lupo, Aminta, disperato, si getta da una rupe, sfuggendo, tuttavia alla morte. Commossa dal gesto finalmente la ragazza acconsentirà al matrimonio.
Stilisticamente è un opera ben riuscita in cui si possono riconoscere tre componenti:
• la tradizione del genere pastorale con riferimenti ad opere bucoliche come Virgilio, Properzio ed il recente Poliziano.
• le allusioni alla corte ferrarese (difficili da riconoscere) perchè descrive la corte estense come travestita, nascosta dalla campagna
• la concezione idillica della natura
Le rime (la lirica)
Si tratta di più di 2000 tra sonetti, canzoni, stanze e madrigali che trattano vari argomenti: amoroso, encomiastico, religioso, autobiografico.
E’ il canzoniere più importante del 500, ispirato a modelli classici greci e latini (Virgilio, Ovidio, Catullo, Orazio) e naturalmente a Petrarca. La forma metrica prevalente è il sonetto, anche se è nel madrigale che Tasso raggiunge risultati di altissimo valore poetico. E’ nel madrigale infatti che rielabora i moduli espressivi del petrarchismo cinquecentesco accentuandone la musicalità.
I Dialoghi
Tasso compose 26 testi in prosa in forma di dialogo che riguardano argomenti diversi, dall’amore alla nobiltà, dalla vita di corte alla bellezza. Questi scritti risalgono al periodo di reclusione forzata in ospedale. Con questi testi egli cercò di instaurare un colloquio con se stesso e per esprimere opinioni intellettuali, etiche e morali. I dialoghi non sono opere di rilievo in quanto non presentano alcuna originalità.
Le lettere
Tasso scrisse circa 1700 lettere dal 1564 alla morte, che affrontano tematiche differenti. Egli era perfettamente consapevole che la tradizione culturale considerava l’epistolografia un vero e proprio genere letterario. Ragione per cui curò molto lo stile dell’elaborazione dei testi. Diversamente da Ariosto, le cui lettere erano semplicemente finalizzate alla trasmissione di un messaggio per cui non erano per niente curate stilisticamente.
Discorsi dell’arte poetica (1564) e Discorsi del poema eroico (1594)
Sono due trattati importanti perchè esprimono la consapevolezza della necessità di conciliare nelle opere letterarie le regole e la creatività.
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