martedì 20 dicembre 2011

DISCORSO SUL METODO DI RENE DESCARTES

Leggendo il “Discorso sul metodo” di Renè Descartes, che noi conosciamo con il nome italianizzato di Cartesio, ci rendiamo conto che non serve cercare altre informazioni sulla sua vita, sul suo pensiero, sulla sua evoluzione interiore.

In quest’opera Cartesio si presenta, parla al lettore delle sue esperienze  dirette, offre una propria biografia, essenziale per capire come sia giunto, poi, alle proprie conclusioni.

La lettura del “Discorso sul metodo” è piacevole proprio perché Cartesio dialoga con il lettore come se stesse parlando ad un amico.

Egli scrive:
 
. ..la lettura dei buoni libri è come una conversazione con gli uomini più illustri del passato …


Ecco, chi legge il suo Discorso sul metodo, ha l’impressione di ascoltarlo raccontare le proprie avventure.

Da notare che Cartesio scrisse l’opera  in francese e non in latino, perché, consapevole della portata rivoluzionaria del testo, volle dare al suo pensiero una maggiore possibilità di diffusione.

Nell’introduzione egli avvisa il lettore che l’opera è suddivisa in sei parti ben distinte:
nella prima, introduce l’argomento, parlando della propria esperienza personale.
nella seconda, enuncia le  4 regole del metodo
nella terza, enuncia le 4 regole provvisorie della  morale
nella quarta, applicando il metodo prova l'esistenza di Dio e dell'anima
nella quinta, parla di questioni di fisica, parlando della creazione dell’universo; parla poi di anatomia umana ed animale.
nella sesta ed ultima parte descrive il suo progetto di diffusione del suo metodo per il futuro della scienza.


PARTE PRIMA : CONSIDERAZIONI SULLE SCIENZE


Cartesio parte da una riflessione sul buon senso e su come gli uomini lo usino in maniera differente, pur possedendolo tutti allo stesso modo.
Prende se stesso come esempio, affermando di non sentirsi particolarmente geniale rispetto ad altri, semplicemente di aver avuto maggiori opportunità per arricchire il proprio  ingegno.
Nacque in Francia a La Haye (che oggi si chiama La Haye Descartes) nel 1596. Proveniva da una famiglia istruita e benestante e potè studiare in una delle scuole migliori d’Europa, presso i gesuiti.  Ma ecco cosa dice di quel periodo:

Sono stato nutrito fin dall'infanzia di studi letterari, e poiché mi si faceva credere che per mezzo di essi si potesse acquistare una conoscenza chiara e salda di tutto ciò che è utile alla vita, ero oltremodo desideroso di apprendere. Ma appena compiuto l'intero corso di studi al termine del quale si suole essere accolti nel rango dei dotti, cambiai del tutto opinione.

Pur riconoscendo il valore degli studi compiuti, egli avvertiva la necessità di una scienza unificata, globale, che abbracciasse ed intrecciasse tra loro le tre fondamentali discipline, filosofia, logica e matematica, escludendo i loro propri difetti ed esaltando le loro virtù principali. Vuole trovare non solo un metodo teoretico che serva a distinguere il vero dal falso, ma anche un metodo pratico che dia concreti vantaggi.


Mi piacevano soprattutto le matematiche, per la certezza e l'evidenza delle loro ragioni; ma non ne avevo ancora riconosciuto il vero uso e, pensando che servissero solo alle arti meccaniche, mi stupivo del fatto che, pur essendo le loro fondamenta così sicure e solide, su di esse non si fosse costruito nulla di più alto
(…)
Per questo, non appena l'età mi liberò dalla tutela dei precettori, abbandonai del tutto lo studio delle lettere. E avendo deciso di non cercare altra scienza se non quella che potevo trovare in me stesso oppure nel gran libro del mondo, impiegai il resto della giovinezza a viaggiare, a visitare corti ed eserciti, a frequentare uomini di indole e condizioni diverse, a raccogliere varie esperienze, a mettere alla prova me stesso nei casi che il destino mi offriva (…)

Perché mi sembrava che avrei scoperto molta più verità nei ragionamenti che uno fa sugli affari che lo interessano, (…) che in quelli dell'uomo di lettere, chiuso nel suo studio

Cartesio si laureò in diritto e poi si arruolò in Olanda nell’esercito protestante, deciso ad intraprendere la carriera militare.
Sappiamo che fondamentale per la presa di coscienza della propria volontà ed il relativo cambiamento di direzione, fu l’incontro con il tedesco Isaac Beeckman, medico orientato agli studi filosofici e matematici.


PARTE SECONDA: LE PRINCIPALI REGOLE DEL METODO


Viaggiando come militare, restò bloccato dal cattivo tempo invernale in una cittadina della Germania, costretto per giorni e giorni in una stanzetta riscaldata dalla stufa. Fra i muri di quella stanza, in solitudine, ebbe tempo per riflettere, pensare,  raffinare il suo pensiero. E soprattutto fissare le regole per il metodo per raggiungere quella perfetta fusione di logica, filosofia e matematica. Ecco le regole:

1 -L'evidenza:
Non prendere mai niente per vero; basta che ci sia il minimo dubbio per considerare falso il concetto;  evitare pregiudizi accettando idee già formulate. L'idea sarà invece senz'altro vera quando è chiara e distinta.
2 - L'analisi:
Dividere il problema in parti semplici, ciò che si sta esaminando non deve essere studiato nella sua totalità perché altrimenti ci si perde nella sua complessità ma va analizzato nelle sue singole parti
3 - La sintesi:
Diviso per quanto è necessario il problema con l'analisi, bisognerà fare poi il percorso inverso, rimettere assieme le parti del problema da quelle più semplici a quelle più complicate.
4 - L'enumerazione (controllo dell'analisi) e la revisione (controllo della sintesi): Non basta con la sintesi aver ricomposto il problema iniziale ora risolto, ma bisogna controllare che durante l'analisi non si sia trascurato alcun elemento e infine la revisione, il controllo della sintesi: solo questa assicura che il risultato ottenuto sia valido

PARTE TERZA: QUALCHE REGOLA DELLA MORALE TRATTA DAL METODO


In questa parte Cartesio pone anche delle condizioni di tipo etico e morale per meglio procedere nella ricerca scientifica.
La prima regola che stabilisce di rispettare le leggi civili e religiose, sembrerebbe dettata dal timore di essere condannato come Galileo.
Egli è senz’altro consapevole che il “dubitare di ogni cosa” poteva facilmente essere interpretato come una forma di ateismo.
La seconda regola è quella di mantenersi risoluto nel portare avanti un progetto iniziato, senza cambiare direzione ma insistendo per raggiungere l’obiettivo prestabilito.
La terza regola è quella di non desiderare l’impossibile, accettando i propri limiti umani. 
L’ultima regola infine esorta a continuare a praticare la professione che egli considera la migliore che un uomo possa intraprendere: coltivare la ragione e cercare la sapienza.
Questa terza parte del Discorso sul Metodo, viene chiamata Morale Provvisioria, perchè Cartesio era intenzionato a ritornarci per ottimizzarla, ma non lo fece mai.


PARTE QUARTA: LE PROVE DELL’ESISTENZA DI DIO E DELL’ANIMA UMANA, OSSIA I FONDAMENTI DELLA METAFISICA.
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Nella quarta parte del discorso, il pensiero diventa complesso. Qui Descartes applica le regole del metodo per provare l’esistenza di Dio e dell’anima.
Diversamente dalla sua educazione religiosa, egli parte dal presupposto che tutto sia falso.
Dal DUBBIO, dal pensare che tutto sia falso, nasce una prima fondamentale certezza: se io penso che sia falso, comunque IO PENSO e dunque esisto, sono qualcosa.
… dal fatto stesso che pensavo di dubitare della verità delle altre cose, seguiva con assoluta evidenza e certezza che esistevo…
Il celebre motto COGITO, ERGO SUM= PENSO, DUNQUE SONO, nasce qui, in questo contesto. In francese JE PENSE, DONC JE SUIS, che diventa il primo principio della filosofia che stava cercando.
Questo concetto si amplia. L’essere esiste solo fintanto che pensa. Un corpo materiale che non pensa più, non esiste. Dunque l’IO è la mente, completamente distinta dal corpo.
Cartesio afferma che come regola generale la mente concepisce chiaramente e distintamente le cose vere. E che c’è solo qualche difficoltà a stabilire quali vediamo distintamente.   Il fatto che la mente di Cartesio dubitasse delle cose, significava che lui era un essere imperfetto, perché anelava ad una perfezione maggiore.
Ma da dove gli proveniva questo istinto a cercare un pensiero superiore? Ne dedusse che doveva provenire da un essere di una natura perfetta.
Per Cartesio bisogna distinguere nel pensiero vari tipi di idee: quelle presenti nell’uomo fin dalla nascita, innate, che rappresentano verità cui l’uomo non può sottrarsi;

le idee che provengono dal mondo esterno al pensiero ed alla percezione sensoriale; le idee che provengono dalla fantasia, dall’invenzione del soggetto pensante.
E’ impossibile che l’idea dell’esistenza di un essere superiore, perfetto, provenga dal nulla. Doveva provenire da Dio. A questo punto si domanda di che natura è Dio, dal momento che aveva già stabilito che la natura dell’intelligenza fosse  distinta da quella corporea.
Cartesio pone l’esempio dell’oggetto della geometria, concepito come un corpo continuo, uno spazio indefinito, che i geometri suppongono di poter trasferire a piacere. Ma il fatto che le regole di un triangolo fossero dimostrabili, questo non significava che esistesse effettivamente al mondo un triangolo.
Allo stesso modo Dio, in quanto essere perfetto,  esiste,  perché è certo quanto una dimostrazione geometrica
La maggior parte delle persone fa fatica a cogliere il concetto della propria anima; persino certi filosofi pensano che ciò che non si può immaginare,  non è intelligibile.
E mi sembra che quelli che vogliono far uso della loro immaginazione per comprenderle, fanno proprio come se volessero servirsi degli occhi per udire i suoni o sentire gli odori
(….)
Infine, se ci sono ancora degli uomini non abbastanza persuasi dell'esistenza di Dio e della loro anima per le ragioni che ho portato, voglio proprio che sappiano che tutte le altre cose di cui pensano di essere forse più sicuri, come di avere un corpo, e dell'esistenza degli astri, della terra e simili, sono meno certe. Perché sebbene si abbia di queste una certezza morale, tale che non si possa dubitarne a meno di non essere stravaganti, tuttavia, a meno di non essere irragionevoli, quando è in questione una certezza metafisica, non si può neanche negare che sia un motivo sufficiente per non ritenersi interamente certi quello di accorgersi che si può, allo stesso modo, immaginare nel sonno di avere un altro corpo, o di vedere altri astri o un altra terra senza che ci sia nulla di tutto questo
(….)
 E si badi che dico: della nostra ragione, e non della nostra immaginazione, o dei nostri sensi. Così il sole, sebbene lo vediamo molto chiaramente, non dobbiamo perciò giudicarlo piccolo come lo vediamo; e possiamo ben immaginare distintamente una testa di leone innestata sul corpo di una capra, senza dover concludere perciò che ci sia al mondo una chimera: perché la ragione non ci dice affatto che quel che così vediamo o immaginiamo è anche vero. Ci dice bensì che tutte le nostre idee o nozioni debbono avere qualche fondamento di verità; giacché in caso contrario non sarebbe possibile che Dio, che è assolutamente perfetto e veritiero, le avesse messe in noi

Cartesio fornisce le prove dell’esistenza di Dio applicando le regole del metodo.
Prima prova: l’idea perfetta di Dio,che si forma nel pensiero imperfetto dell’uomo, non può essere causata dall’uomo ma può solo provenire da un essere perfetto, cioè da Dio.
Seconda prova: se l’uomo si fosse creato da solo, si sarebbe fatto perfetto,
secondo un modello di perfezione, ma se egli non è come quel modello, significa che non si è creato da solo, ma che Dio l’ha creato, finito e imperfetto pur dandogli l'idea innata, infinita e perfetta di Dio.
Terza prova: se Dio è un essere perfetto non può mancare di una caratteristica essenziale alla sua perfezione: quella dell'esistenza. L'essenza infinita e perfetta implica, coincide, racchiude in sé, l'esistenza.

PARTE QUINTA: QUESTIONI DI FISICA

Grazie al suo nuovo metodo, Cartesio afferma di non aver solo provato l’esistenza di Dio, ma di aver anche individuato certe leggi che regolano la natura. La descrizione della sua fisica però è molto sommaria, si limita a qualche accenno. Sappiamo che i contenuti della quinta parte del Discorso, proviene da una sua opera precedente, intitolata “il Mondo”.

E’ probabile che abbia evitato di scendere in dettagli per non entrare in conflitto con l’inquisizione, com’era accaduto a Galileo. La vicenda di Galileo ha molto colpito Cartesio, tanto da condizionare certe affermazioni. Ben si comprende che Cartesio è in aperta polemica con la filosofia scolastica, in voga a quei tempi. Tuttavia parla della propria fisica in modo indiretto, affermando di non parlare del nostro universo, ma di un universo diverso, immaginario, supponendo come avrebbero potuto formarsi pianeti ed astri, partendo dalla materia nel caos regolato da leggi fisiche.

Descrive le leggi fisiche della luce, spiegando come attraversava in pochi istanti spazi immensi. E ancora, parla di sostanza, di movimento, del rapporto tra la terra e gli astri. Riflette che magari Dio ha creato il mondo in modo istantaneo, però Cartesio afferma che avrebbe potuto anche formarsi gradualmente, secondo le leggi da lui descritte.
 
Nel trattato poi passa a descrivere cose, animali, piante, fino a giungere all’uomo. A questo punto Cartesio spiega di aver immaginato la creazione del corpo dell’uomo da parte di Dio soltanto come materia ordinata a formare gli organi, governata dalle stesse regole della materia del corpo degli animali.

Secondo Cartesio Dio aveva creato l‘uomo usando due sostanze:quella fisica e quella mentale. La sostanza fisica si conforma alle leggi naturali della fisica, la sostanza mentale si conforma alle leggi del pensiero.
La bipartizione della realtà nelle due sostanze, quella fisica e quella mentale, è nota come dualismo cartesiano.

Fino alla fine del capitolo si dilunga a descrivere minuziosamente il funzionamento del cuore e poi del sistema nervoso, enfatizzando il concetto di uomo-macchina e di animale-macchina. Questo concetto serviva a Cartesio per provare che la differenza tra uomo ed animale non stava nel corpo, bensì nell’anima. Ed infatti proprio al termine del lungo capitolo sulla fisica, Cartesio enuncia la sua certezza dell’immortalità dell’anima. Partendo dal presupposto che sia un errore considerare l’anima dei buoni uguale all’anima dei cattivi,
 e che pertanto non abbiamo nulla da temere né da sperare dopo questa vita, proprio come le mosche e le formiche; mentre quando si conosce quanta differenza ci sia si capiscono molto meglio le ragioni che provano che la nostra è di una natura indipendente dal corpo, e dunque non è destinata a morire con esso; e dal momento che non si vedono altre cause che possano distruggerla, si è portati naturalmente a giudicarla immortale.


PARTE SESTA: Le cose richieste per andare più avanti nello studio della natura

L’ultima parte del Discorso sul Metodo, ha inizio con un preciso riferimento alla vicenda di Galileo.  Cartesio afferma che se le autorità ecclesiastiche (che lui conosce e rispetta) non avessero censurato il pensiero dello scienziato, personalmente  non avrebbe saputo trovato nulla di disdicevole per la morale religiosa.
Per questo motivo, spiega, non ha mai pubblicato il risultato dei suoi studi di fisica, temendo che potessero essere male interpretati.
Ora però i suoi studi sono provati dal nuovo metodo e lui si sente sicuro delle proprie affermazioni, tanto da ritenere completamente superata e dannosa la disciplina aristotelica, diffusa nelle scuole, che limita le scoperte, mantenendo la gente nell’ignoranza.
La sua filosofia invece fa luce sulle tenebre. Illumina.
Il suo programma è di adottare questo metodo per incrementare le conoscenze in ambito medico e migliorare le condizioni umane.
Privatamente, dice, sta già lavorando insieme a collaboratori scelti a questo progetto di ricerca per il futuro dell’umanità.
Cenni di vita e opere
Cartesio nacque a La Haye nel 1596 e morì di polmonite a Stoccolma nel 1650, a soli 54 anni. Educato dai gesuiti nel collegio di La Flèche, si laureò in diritto a Poitiers e si arruolò nell’esercito protestante olandese. In Olanda scrisse tre trattati importanti, la Diottrica, le Meteore e la Geometria. Le altre opere furono il “Discorso sul Metodo”, le “Meditazioni metafisiche”, i “Principi di filosofia” e “le Passioni dell’anima”.
Elaborò le basi concettuali della geometria analitica, classificando le curve secondo il tipo di equazione ad esse associato. Introdusse l'uso delle ultime lettere dell'alfabeto per designare le incognite e delle prime per designare i termini noti; inventò il metodo degli indici per esprimere le potenze dei numeri; inoltre formulò la regola, nota come regola cartesiana dei segni, per trovare il numero delle radici positive e negative di qualsiasi equazione algebrica.

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