martedì 20 dicembre 2011

LUDOVICO ARIOSTO



LA VITA

Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia nel 1474, primogenito di 10 fratelli.
Il padre è capitano di guarnigione presso gli Estensi. A causa dell’avanzata dei veneziani, la famiglia si sposta a Ferrara, dove Ludovico inizia gli studi di grammatica ed in seguito di diritto.
A vent’anni Ariosto decide di dedicarsi agli studi letterari sotto la guida di Gregorio da Spoleto.
Studia gli autori latini. Di questo periodo sono le sue prime poesie che prendono a modello Orazio.
Nel 1497, a 23 anni, Ariosto inizia a lavorare stipendiato alla corte del duca Ercole I d’Este.
Con Ariosto la cultura padana verrà diffusa in tutta Europa.


La corte dei duchi d’Este di Ferrara

La corte dei duchi d’Este di Ferrara produce esperienze letterarie di prestigio: la cultura padana risente degli influssi dell’Europa del Nord.  E’ il periodo in cui Venezia è la capitale della tipografia con Aldo Manuzio e a Milano nasce il movimento degli scapigliati.
La corte di Ferrara aveva particolare riguardo per i poemi epici francesi che avevano già ispirato a Matteo Boiardo l’Orlando Innamorato.
Inoltre alla corte ferrarese si cercò di attuare un ammodernamento della cultura tramite la volgarizzazione dei classici per rendere le opere greche alla portata di tutti.
In questo contesto Ariosto può attingere dall’esperienza poetica di Boiardo e soprattutto da quella linguistica di Bembo, che conosce personalmente e che lo induce a scrivere in volgare.
In questo periodo Ariosto si dedica agli spettacoli di corte, componendo la Tragedia di Tisbe, andata perduta e l’Erbolato, un’opera in prosa.
Con la morte del padre, nel 1500, Ariosto è costretto a sacrificare il tempo che dedicava alla letteratura per lavorare e mantenere la sua numerosa famiglia.  Per garantirsi entrate economiche, prende gli ordini minori e va a lavorare dal Cardinale Ippolito, il figlio di Ercole I.
Conflitti con il potere
Come tutti gli intellettuali della sua epoca Ariosto dovette svolgere il ruolo del cortigiano-segretario-consigliere e soddisfare molti incarichi per il Cardinale Ippolito. Però Ariosto detestava questo lavoro che sottraeva tempo prezioso ai suoi studi.
Naturalmente grazie a questi incarichi potè viaggiare di corte in corte, conoscendo gente e nutrendo la propria cultura.
Quando Giovanni de’ Medici diventò papa, Ariosto sperò, essendo suo conoscente ed amico, di poter lavorare alla corte papale, liberandosi così dall’obbligo di servire Ippolito con cui aveva pessimi rapporti.
La donna della sua vita: Alessandra Benucci
La Benucci era sposata con un mercante della corte estense. Persino quando restò vedova, Ariosto non osò sposarla subito per non perdere i favori ecclesiastici e perchè lei non perdesse i diritti all’eredità del marito.
Però si amarono per tutta la vita e proprio per lei aggiunse nella seconda ottava del Furioso un riferimento galante: le dice che lei lo ha reso pazzo d’amore e spera di poter avere ancora un po’ d’ingegno scampato alla passione per lei per terminare l’opera.
L’opera più famosa: L’Orlando Furioso
La prima edizione di 40 canti venne pubblicata nel 1516, con la dedica al cardinale Ippolito che non la gradì affatto. Ebbe però un successo immediato e strepitoso.
L’anno successivo rompe ogni legame con Ippolito in seguito ad una lite nata dal rifiuto di Ariosto a recarsi in Ungheria.
Ariosto inizia a lavorare per il duca Alfonso, fratello di Ippolito, uomo più sensibile alle arti.
Può dunque lavorare alla commedia Il negromante e dedicarsi alla correzione per  seconda edizione dell’Orlando Furioso.
Purtroppo è costretto ad accettare l’incarico di commissario in Garfagnana che lo terrà per 40 mesi lontano dagli affetti famigliari e dagli studi letterari.
La vecchiaia
Ariosto trascorrerà serenamente in famiglia gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi alla stesura dell’ultima commedia, la Lena; inoltre rielaborerà altri lavori teatrali, come la Cassaria e naturalmente alla messa a punto dell’Orlando Furioso per la sua terza edizione del 1532 con 46 canti.
Morì nel 1533 per enterite.

LE OPERE

Le satire

Le satire di Ariosto non furono create per parlare in modo ironico di avvenimenti realmente accaduti con lo scopo di polemizzare. In realtà facevano parte di un progetto letterario ben preciso. Ariosto voleva scrivere delle satire proprio per sperimentare questo genere letterario e casualmente alcuni fatti occorsigli gli hanno solo dato l’opportunità di argomentare situazioni realistiche.
Una caratteristica delle satire ariostesche è di essere POLIFONICHE, ovvero, di presentare un “tu” dialogante, un ater ego del poeta.
Le satire sono composte in TERZINE DANTESCHE
In tutto sono otto satire in cui si parla dei vizi delle varie corti, della vanità, degli eruditi pedanti e noiosi, ecc ecc
Le lettere
Le lettere di Ariosto non sono curate nella loro forma grammaticale ed estetica perchè sono davvero delle lettere che egli scrisse per necessità, per chiedere  di venire esonerato da un incarico ingrato, per esempio quando era commissario in Garfagnana.
Il tono però ci aiuta a comprendere il carattere di Ariosto, umano, riflessivo ed equilibrato.
Le liriche
Come abbiamo già accennato, in gioventù, mentre compiva gli studi umanistici latini, Ariosto compose delle poesie in latino ispirandosi a Ovidio.
Contemporantemente alla frequentazione della corte estense, insieme a Bembo, compose anche poesie in volgare, che comunque presentano altre fonti e suggestioni, come Catullo, specialmente per i versi amorosi.
Le commedie
Ariosto si dedicò all’attività teatrale per tutta la vita come organizzatore, attore, regista e autore di testi.
Ariosto continuerà il lavoro filologico iniziato da Poliziano sulle opere di Plauto e Terenzio, che fino a quel momento erano state dimenticate. Anche Erasmo da Rotterdam è un grande amante di Plauto e Terenzio e si dedica alla traduzione delle loro commedie.
Naturalmente compose commedie moderne. Esse rappresentano un laboratorio sperimentale per quella che sarà la sua grande opera, il Furioso.

•    Tragedia di Tisbe – andata perduta
•    La cassaria – che ricorda la Cistellaria di Plauto
•    I suppositi – che si ispira ai Captivi di Plauto e all’Eunuco di Terenzio
•    Il negromante – dal tono polemico e di ispirazione boccacciana
•    La Lena – composta in età matura, in epoca del sacco di Roma, lascia intravedere dalla trama amorosa, l’inquietudine per i fatti politici e sociali.
•    I studenti – rimasta incompiuta e ripresa dai figli in due diverse interpretazioni.

Il linguaggio di Ariosto è comunque il linguaggio comico di Plauto e Terenzio, capace di interpretare il reale reinventando continuamente la lingua

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