martedì 20 dicembre 2011

IL PRINCIPE

L’opera è un TRATTATO costituito da 26 brevi capitoli. Machiavelli la scrisse in pochi mesi, nel 1513, come si evince dalla lettera inviata all’amico Francesco Vettori, nella quale gli annuncia d’aver completato l’opera.
Abbiamo già accennato al fatto che l’opera venne composta quando i de’ Medici erano tornati a Firenze, licenziando Machiavelli , essendo egli funzionario del governo uscente. L’anno succesivo addirittura era stato accusato, imprigionato e torturato per congiura contro la famiglia medicea.
Confinato in una tenuta fuori Firenze, impiegò l’esilio forzato per scrivere il trattato.

Tematiche

In questo trattato, Machiavelli indica al principe come conquistare e mantenere il potere monarchico, e persino  come comportarsi in caso di perdita.

Struttura
All’inizio del Principe vi sono due lettere: una all’amico Francesco Vettori, in cui annuncia  di aver terminato di scrivere il trattato; l’altra lettera è la dedica che Machiavelli rivolge a Lorenzo de’ Medici il giovane (nipote del Magnifico)
Nei primi capitoli egli descrive alcune forme di governo. Le finalità dell’opera non si fermano senz’altro ad una classificazione delle molteplici forme di monarchia esistenti, proponendosi, invece, di trovare una immediata soluzione all’instabilità politica italiana di quegli anni, fornendo ai principi gli strumenti operativi indispensabili alla loro posizione di potere.

La situazione politica italiana

Nel 1494 i francesi avevano invaso la penisola per conquistare il regno di Napoli, su cui vantavano pretese dinastiche. Successivamente, tra incessanti guerre, l’Italia era diventata territorio di contesa anche per Spagna e Impero della Confederazione Svizzera.
Di fronte all’invasione delle grandi monarchie europee, i piccoli stati italiani non erano stati capaci di difendersi, perdendo il potere.
E’ in questo contesto storico che Machiavelli avverte l’esigenza di cercare i mezzi per creare uno stato forte e saldo.

La scienza politica

Fin dalla lettera di dedica a un membro della famiglia de’ Medici, scritta nel tentativo di trovare un impiego presso di loro, Machiavelli avvisa che il trattato è frutto di anni di esperienza politica pratica, acquisita in 14 anni di lavoro come funzionario governativo. E spiega che è altresì frutto dello studio delle opere storiche.
Fare dell’analisi politica una scienza è la grande sfida di Machiavelli.

L’analisi del comportamento

Per poter prevedere le manovre dell’avversario è necessario analizzare il comportamento umano che, secondo Machiavelli, è regolato da costanti antropologiche: possono mutare le circostanze, ma le reazioni saranno sempre dettate da una struttura intima umana, fatta di impulsi, desideri, egoismi, interessi.


Cesare Borgia che ispirò a Machiavelli il modello di Principe.

Il modello del perfetto principe
Sarebbe bello se il principe potesse essere buono, leale, pietoso e contemporaneamente sapesse mantenere il proprio potere. Ciò non è possibile.
Machiavelli prende come esempio Cesare Borgia, chiamato il Valentino, (figlio di papa Alessandro Borgia e della sua concubina, madre anche di Giovanni, Goffredo e Lucrezia, la famosa avvelenatrice) presso il quale venne inviato come funzionario nel 1502, avendo così modo di osservarne attentamente il comportamento che lo colpì al punto da indurlo a scrivere “Il tradimento del duca Valentino al Vitellozzo Vitelli.....” in cui narra di quando Cesare Borgia, aveva invitato ad una cena luculliana i partecipanti ad una congiura contro di lui e dopo aver fatto loro complimenti e salamelecchi, li aveva fatti uccidere tutti nottetempo. Di lui si sa anche che avesse il volto e le mani deturpate dalla sifilide.
Di lui, Machiavelli afferma che grazie alla sua crudeltà, durezza ed inflessibilità, aveva ristabilito pace, ordine, rispetto per le leggi in una terra come la Romagna, lacerata da discordie e violenze.
Diversamente dal governo fiorentino che per evitare violenze non aveva saputo sedare la rivolta di Pistoia.
Dunque, un principe buono non è mai un buon principe.

Conflitto con la moralità

Curiosi alcuni suggerimenti comportamentali: se il principe deve eliminare un suddito che gli è d’intrancio, può farlo uccidere, senza però sottrargli denari e proprietà, in quanto, afferma Machiavelli, l’uomo dimentica più facilmente la morte del padre che la perdita del patrimonio.
E’ chiaro che ci troviamo di fronte ad un netto conflitto con la moralità religiosa.
Eppure Machiavelli mette bene in chiaro che la politica è materia infida e chi si mette in politica deve essere pronto a rispondere alla violenza, al tradimento, con pari strumenti.
Per anni la Chiesa ha proibito la diffusione de  “Il Principe”, accusando il pensiero machiavelliano di cinismo ed amoralità.
Il male è condizione costitutiva della natura dell’uomo.
Il male esiste ed il principe, per sopravvivere, deve conoscerlo, accettarlo, sapersene difendere con ogni mezzo, anche se ciò significa fare a sua volta del male.
Questi pensieri vennero fortemente criticati dall’opinione pubblica e soltanto dopo Foscolo si riuscì ad accettare l’ottica della necessità di dover ricorrere a decisioni politiche estreme sacrificando pochi per il benessere di molti.

Virtù e fortuna
Di questi due concetti è impregnato il cinquecento.
La virtù per Machiavelli è un’insieme di doti che deve possedere l’individuo, che ricorda assai più il concetto di virtus romana intesa come valore militare, coraggio, sagacia, ecc ; niente a che vedere con la virtù intesa come moralità positiva della comune accezione cristiana.
La fortuna indica l’insieme di circostanze imprevedibili e casuali.
Per Machiavelli, applicare la virtù alle costruzioni politiche significa sottrarle al destino di corruzione e rovina che sempre incorre su loro.
Di fronte agli eventi tragici della storia di uno stato, bisogna lottare: sono affermate le potenzialità dell’uomo contro la sorte. Non è vero che nulla può l’uomo per contrastare il destino!
A questo proposito egli paragona la fortuna alla donna, che preferisce la compagnia dei giovani perchè sono più impulsivi, coraggiosi, decisi ed audaci.

Lo stile compositivo

Anche se nella lettera di dedica lo scrittore avvisa di non aver badato allo stile di scrittura, in realtà le pagine del Principe sono redatte in una prosa elegante, studiata nei minimi dettagli per enfatizzare gli argomenti trattati. Lo stile è personalissimo ed efficace.
- Uno degli espedienti argomentativi più usati è il ragionamento binario, introdotto dalla congiuzione coordinante “o”. esempi: o per fortuna o per virtù; oppure gli uomini si debbono o vezzeggiare o spegnere; i capi mercenari o sono valorosi o non lo sono.
In questo modo esclude alternative lasciando solo due possibilità.
- Machiavelli fa uso di termini metaforici concreti, tratti da un lessico di arti e mestieri, di modo che il lettore riesca a immaginarsi meglio il significato, mettendolo immediatamente in relazione con l’esempio che rappresenta. Di seguito qualche esempio:
Creare le fondamenta di uno stato (come il muratore costruire le basi di una casa); il disordine è una malattia, l’intervento del principe una medicina (termini di origine medica); il politico è un centauro (figura mitologica mezzo uomo e mezzo cavallo, per descriverne la bestialità unita all’umanità); oppure il termine “spegnere” per indicare con asettica freddezza l’uccidere...
- Da segnalare anche la tendenza ad usare termini che esprimono necessità : si deve, è necessario, conviene... ecc ecc
- Infine ricorre ad affermazioni apodittiche, ovvero non dimostrate, ma proposte in modo da creare una catena di cause, legate fra loro da due o più nessi tipo,  perchè, adunque, onde, pertanto.

La circolazione del Principe.
Fintanto che Machiavelli fu in vita abbiamo pochissime opere stampate. Ciò non significa che esse non circolassero, manoscritte, anche al di fuori della sua cerchia di amicizie.
Prova ne è che un celebre filosofo Cinquecentesco, Agostino Nifo, pubblicò a Napoli un trattato di politica, L’abilità di governo, che è un plagio del Principe, di cui ribalta le tesi, poichè non le condivide. L’opera di Nifo è il primo caso di “opera antimachiavellica” e fornisce una testimonianza della circolazione del Principe fuori Firenze.
Le opere di Machiavelli destarono un interesse enorme, come viene testimoniato dal numero delle edizioni e ristampe dal 500 in poi.
Siccome la Chiesa proibì la diffusione dell’opera nei paesi cattolici (Censura), tutte le copie del Principe, e anche delle altre opere di Machiavelli, vennero pubblicate in paesi stranieri in cui si era diffusa la Riforma protestante, come Inghilterra e Germania. Spesso venivano stampate tranquillamente in Italia, con la falsa indicazione del luogo di pubblicazione.

Indice dei capitoli del Principe

Dedica          a Lorenzo de' Medici il giovane
Capitolo I         i tipi di principato e le loro caratteristiche
Capitolo II         i principati ereditari – facili da conservare – (non gli interessano e termina in breve)
Capitoli III-IV-V    i principati misti – cioè di nuova acquisizione – descrizione e suggerimenti
Capitoli da IV in poi    appaiono i concetto di fortuna e virtù
- esempio di potere raggiunto con la virtù Francesco Sforza
- esempio di potere raggiunto con la fortuna Cesare Borgia (che poi ha saputo mantenerlo con la virtù!)
Capitolo IX         i principati civili – quelli eletti dal popolo – i più duraturi- qui si coglie l’orientamento politico democratico di Machiavelli
Capitolo X         come difendersi dagli attacchi stranieri
Capitolo XI         i principati ecclesiastici – critica feroce nei confronti dei papi, personaggi influenti provenienti da famiglie altrettanto influenti
Capitolo XII-XIV     in questi capitoli si parla dell’esercito e dei doveri militari del principe,  Machiavelli polemizza sulla diffusione dell’esercito mercenario, pagato dalle famiglie influenti; invece il principe deve dotarsi di un esercito fatto dei suoi cittadini, animati da fedeltà e patriottismo.
Capitoli XV–XXIII    Otto capitoli sono dedicati alle qualità personali del principe. E’ questa la sezione più innovativa e scandalosa del trattato, dove a dispetto della moralità, viene consigliata una condotta opportunista.

            Fra i consigli: come allontanare gli adulatori, come scegliere i collaboratori.
Capitoli XXIV-XXVI    Negli ultimi tre capitoli Machiavelli si domanda se esiste la possibilità, attuando un’azione politica, di riscattare l’Italia dalla sottomissione in cui si trova.
        La situazione non è dovuta al destino ma all’incapacità della classe dirigente.
    Diagnosticare gli errori è il primo passo per risolverli
    A concludere il trattato una esortazione a liberare l’Italia: che un principe italiano sappia creare un’entità statale forte e solida.

La Dedica


All’inizio Machiavelli aveva dedicato l’opera a Giuliano de’ Medici, il figlio del Magnifico, cambiando in seguito idea e dedicandola a Lorenzo il Giovane.
Abbiamo già accennato al fatto che l’opera venne composta mentre Machiavelli era esiliato in una piccola tenuta fuori Firenze e che sperava in questo modo di accattivarsi di nuovo la grazia della potente famiglia per ottenere un lavoro.
L’autore presenta la sua opera con modestia apparente, perchè fa notare di aver usato per il suo “libretto” un linguaggio semplice. Tuttavia spiega subito che non si tratta una raccolta di pensieri scritti a tavolino: sono piuttosto il frutto di anni ed anni di esperienza diretta e di studi approfonditi sui classici antichi.
L’accostamento tra esperienza e studio è il suo metodo di lavoro, tanto che ripeterà questa affermazione anche nella dedica dei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio.
Oltre ad essere il suo modus operandi, l’accostamento tra esperienza e studio dei testi antichi, diventa anche la regola di una nuova scienza politica che unisce il realismo ad un solido impianto teorico.
Nella dedica egli si paragona ad un cartografo che osserva la realtà e la disegna sulla carta: deve porsi in basso per vedere i luoghi alti e porsi in alto per osservare i luoghi bassi.

I diversi tipi di principato


Al primo capitolo, Machiavelli elenca e descrive i vari tipi di principato. Si tratta di una classificazione che funge quasi da indice degli argomenti di cui tratterà.
Il capitolo è davvero brevissimo, otto righe in prosa volgare, eppure c’è proprio tutto, scandito da uno stile dilemmatico.
La struttura è caratterizzata sulle coppie antitetiche del ragionamento binario introdotte dalle congiunzioni coordinate o...o che attestano che ci sono due sole possibilità. Via, via, le prime due possibilità si dividono in altre due, e così via, fino alla fine del ragionamento.
Machiavelli inoltre fa notare che qui parla solo di monarchia, perchè di repubblica ne parla in un altra sua opera, riferendosi  ai Discorsi sulla prima deca di Tito Livio.

Le qualità positive e negative del Principe – capitolo XV

Questo è il testo dell’opera che ha destato scandalo. Quello che ha segnato un metodo d’indagine rivoluzionario. Che piaccia o no, il pensiero politico moderno è nato da qui e su queste parole secche e calibrate, generazioni di pensatori politici hanno dovuto misurarsi.
Il capitolo è diviso in due parti:
nella prima, più teorica, egli affronta il metodo
nella seconda, più pratica, l’autore applica i princìpi enunciati facendo esempi concreti.
Siccome è consapevole del fatto che sta scrivendo cose completamente rivoluzionarie, introduce il capitolo con una sorta di proemio, in cui anticipa l’argomento e professa la propria modestia.
Il principe che sa mantenere lo stato, cioè un buon principe, non è un principe buono, cioè retto e rispettoso della morale.
Egli polemizza sulla visione mentale di quella figura di principe che fin dal medioevo ha preso forma nell’immaginario collettivo.
Le parole chiave di questo trattato sono VERITA’ EFFETTUALE  e  IMAGINAZIONE.
Verità effettuale significa analizzare in modo spregiudicato le situazioni, ciò realistico, oggettivo.
Imaginazione è l’esatto opposto, cioè è un vedere mentale, fatto di preconcetti astratti.

La sfida della fortuna – capitolo XXV


Dopo aver accennato al dilemma virtù/fortuna, Machiavelli dedica a questi concetti un intero capitolo, cercando di definirle e di stabilire se si possa con la ragione controllare la realtà.
Si possono realizzare i propri scopi, sottraendosi, almeno in parte, all’imprevisto?
Affinchè non sia annullato il libero arbitrio egli ritiene plausibile che la fortuna determini metà delle nostre azioni concedendoci di controllare l’altra metà.
Il principe  deve  intervenire adeguandosi alle specifiche  necessità, perchè la stessa azione fatta in situazioni diverse può sortire effetti opposti.
Machiavelli prende come esempio di determinazione  ed impeto papa Giulio II che seppe affermarsi al potere sottomettendo le signorie locali e muovendosi con una mirabile tattica politica.

Paragoni/metafore:


•    La fortuna è come un fiume che quando si ingrossa allaga le pianure travolgendo tutto ciò che trova, nessuno può scampare. Però si sarebbero potuti creare degli argini mentre le acque erano calme, in previsione dell’alluvione. La fortuna si accanisce se non è contrastata dalla capacità di domarla.
Se un principe affida il suo potere alla fortuna cadrà in rovina.

•    La fortuna è come una donna: se si vuole che si sottometta, bisogna trattarla con violenza e picchiarla. Si vede che la donna si lascia vincere da chi la tratta male e preferisce i giovani che sono meno rispettosi, sono feroci e più audaci.

L’appello per il riscatto d’Italia – capitolo XXVI

Il capitolo finale si apre con l’affermazione che le condizioni storiche favoriscono l’ascesa di un nuovo principe.
Si portano come esempi, personaggi gloriosi del passato: non ci sarebbe stato Mosè senza la schiavitù d’Israele, nè Ciro senza la sottomissione dei persiani, nè Teseo se gli ateniesi, che lui riuscì a riunire, non fossero stati dispersi.
Circostanze storiche hanno impedito al Valentino di salvare l’Italia. Nella famiglia de’ Medici ci sarebbero le prerogative per attuare questa realtà politica. Le argomentazioni sono deboli per cui Machiavelli ricorre all’espediente dell’amplificazione retorica.
La prosa rigorosa ed essenziale che contraddistingue tutto il trattato, nel capitolo finale, lascia infatti il posto ad una commossa esortazione, la cui drammaticità viene amplificata da alcune  soluzioni retoriche. Molte anafore, accumulo di aggettivi, sequenza incalzante di complementi. Per accrescere l’emotività anche la personificazione dell’Italia.
Prima di terminare, ribadisce il concetto che il progetto è realizzabile tenendo conto di tutto quanto argomentato; a questo punto ripete l’argomento che per lui rappresenta il fattore determinante: creare un esercito proprio, non mercenario.
Il trattato si chiude con la citazione della poesia di Petrarca All’Italia.

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