lunedì 19 dicembre 2011

FOSCA di Igino Ugo Tarchetti


Siamo nella seconda metà del 1800. La vicenda, ricordandoci un famoso espediente manzoniano, trae origine da un manoscritto in cui Giorgio, il giovane ufficiale protagonista, racconta in prima persona le passioni amorose, risalenti a cinque anni prima, che hanno profondamente segnato la sua vita. Egli, ritiratosi dalla vita militare a causa di una malattia al cuore, si reca a Milano dove incontra Clara, una donna giovane e bella, sposata, con la quale vive un’ intensa relazione d’amore.
Dopo appena due mesi di inebriante felicità, Giorgio, risanato nel corpo e nello spirito, viene richiamato in attività e destinato a una monotona cittadina di provincia circondata da una landa desolata. Qui avviene l’incontro con Fosca, la cugina del suo colonnello, donna di orribile magrezza, consunta da una non meglio identificata malattia psicofisica. Da questo momento, mentre l’immagine di Clara diviene via via più remota, Fosca entra sempre più prepotentemente nella vita e nella mente di Giorgio, fino a contagiarlo con il suo morbo.

Il tema dell’amore è presente nel romanzo secondo due modelli contrapposti: da una parte quello romantico, dall’altra il modello dell’amore visto nei suoi risvolti oscuri, associato alla malattia e alla morte.
Tarchetti descrive il rapporto con Fosca con queste parole: «Più che l’analisi di un affetto, che il racconto di una passione d’amore, io faccio forse qui la diagnosi di una malattia. Quell’amore io non l’ho sentito, l’ho subito».
Il contrasto fra le due donne, che attiene non solo al loro aspetto fisico, ma altresì alla realtà che le circonda, è messo in evidenza già nel modo in cui ci vengono presentate.
Clara, giovane, serena, d’una bellezza florida e sana, sembra permeare di sé tutti gli elementi che interagiscono con lei. Il rapporto tra Giorgio e Clara è perfetto e romantico: il tempo è quello della primavera, gli spazi sono quelli aperti di prati in fiore attraversati da limpidi ruscelli, oppure quelli chiusi di una capanna disabitata, “il loro tabernacolo”, custode della loro intimità. Clara rappresenta la luce e la vita, è colei che con la sua forza e insieme la sua dolcezza risana e rigenera.
L’entrata in scena di Fosca, invece, è preceduta da un alone di inquietante mistero che induce nel lettore una crescente suspense: ci viene presentata attraverso le parole del cugino, mentre , durante una cena, lei è assente ed il suo posto a tavola, accanto a quello di Giorgio, è contrassegnato da un fiore. Prima ancora di “vederla”, assistiamo alla manifestazione della sua terribile malattia: urla acute, strazianti e prolungate echeggiano nella sala e richiamano alla mente di Giorgio, per la prima volta, l’idea della morte.
Infine Fosca appare, straordinariamente orribile e insieme intensamente attraente: la descrizione del volto, con gli zigomi e le ossa delle tempie spaventosamente sporgenti, rimanda all’immagine di un teschio; il pallore del volto contrasta con i capelli d’ebano, folti e lucentissimi, e con gli occhi grandi, nerissimi e vividi; la sua persona, alta e scheletrica, prodotto del dolore fisico e delle malattie, ha però una grazia e un’eleganza sorprendenti.
Fosca incarna la malattia, che contagia l’altro e ne assorbe le forze vitali. Il protagonista è ossessionato dall’immagine di quel corpo già incadaverito che lo avvinghia come se volesse trascinarlo con sé nella tomba. Eppure dal volto di Fosca promana un fascino attraente ed irresistibile che ella usa, al posto della bellezza, per realizzare  il suo folle desiderio d’amore, perseguitando con insistenza Giorgio, fino a indurlo a cedere. La notte d’amore tra i due sarà l’esasperazione dell’illusione. Lei sarà consapevole d’essere la sola ad amare. Lui riconoscerà di non aver avuto la forza di resistere, forse per pietà o forse stregato dal potere passionale di lei.
Nucleo centrale del romanzo è questo folle desiderio, causa di sofferenza fisica e dolore morale, che condurrà entrambi alla distruzione, lui al collasso nervoso, lei alla tomba.
L’uomo, sconfitto, soccomberà alla passione, precipitando così nella disperazione, e la donna s’avvierà a spegnersi, tuttavia felice per aver appagato la sua ossessione amorosa.
Le pagine sono scritte in una forma grammaticale che dapprima sorprende, perchè l’autore costruisce le frasi ponendo il soggetto di prima persona singolare (se stesso)  e il verbo alla terza. Ci si sente disorientati da questa caratteristica di stile e la lettura delle prime righe mette un po’ a disagio.
Poi ci si lascia prendere dalla bellezza delle parole. Sono quasi dei versi, delle poesie. Sono brevi ed efficaci, a volte brutali ed inesorabili nella descrizione dei sentimenti. In ogni caso sempre profonde e condivisibili.
Dall’introduzione emerge che il romanzo Fosca è considerato la prova migliore di Igino Ugo Tarchetti, uno dei principali esponenti della Scapigliatura milanese, che lavorò a questo romanzo fino alla morte per tifo. Non riuscì però a completarlo: stese i due capitoli conclusivi, ma la parte mancante, la notte d’amore di Giorgio e Fosca, venne scritta dall’amico Salvatore Farina per permettere la pubblicazione dell’opera.
Senz’altro  dietro la figura del protagonista, si cela il Tarchetti stesso. Dalle note biografiche scopriamo che quando prestava servizio nel commissariato militare di Parma, conobbe la parente d’un suo superiore.
Malata di epilessia e prossima alla morte, orribilmente brutta, a parte grandissimi occhi neri: con lei lo scrittore intrattenne una relazione che causò un grande scandalo, causa non estranea alle dimissioni dall’esercito. Per strano destino la ragazza, prossima alla fine, gli sopravvisse, ed ogni anno, agli inizi di novembre, non mancò mai di far arrivare fiori sulla tomba del poeta, prematuramente morto per un attacco di tisi e tifo.

Ci sono alcune frasi che mi hanno  colpito e mi farebbe piacere leggervele

“quando il fuoco della gioventù si è spento, svanisce a poco a poco anche il tepore delle ceneri; esse rimangono là ad attestare dove la fiamma ha un giorno avvampato, fino a che il soffio gelato del tempo non viene anch’esso a disperderle”

“...io amo la terra, questa bella terra; io son certo che essa sarà lieve sulla mia fossa, quando stringerà dolcemente il mio petto colle sue braccia di selci e radici...”

“allora era ancora capace di creare intorno a me dei mondi”

“l’amore ha spesso bisogno di ripiegarsi su se medesimo”

“diffido dell’amore giacchè più egli è profondo, e più è mostruosamente egoista. L’amore è la fusione e la conciliazione di due egoismi che si soddisfano a vicenda”

“la parola – questa pittura del pensiero – non sa ritrarre che le passioni comuni e convenzionali; rende i profili, ma non ha nè le luci, nè le ombre, non sa mostrare nè le profondità nè le salienze; le grandi gioie e i grandi dolori non li sa dire.”

1 commento:

  1. Indipendentemente dal fatto che ricevano terapie giornaliere iniettabili orali o future, queste richiedono visite mediche per la cura e il monitoraggio della sicurezza e della risposta. Se i pazienti vengono trattati abbastanza precocemente, prima che si verifichi un sacco di danni al sistema immunitario, l'aspettativa di vita è quasi normale, a condizione che rimangano in trattamento con successo. Tuttavia, quando i pazienti interrompono la terapia, il virus rimbalza a livelli elevati nella maggior parte dei pazienti, a volte associati a una malattia grave perché ho attraversato questo e anche un aumento del rischio di morte. L'obiettivo della "cura" è in corso, ma continuo a credere che il mio governo abbia fatto milioni di farmaci ARV invece di trovare una cura. per terapia e monitoraggio continui. L'ARV da solo non può curare l'HIV poiché tra le cellule infette vi sono cellule di memoria CD4 a vita molto lunga e possibilmente altre cellule che fungono da serbatoi a lungo termine. L'HIV può nascondersi in queste cellule senza essere rilevato dal sistema immunitario del corpo. Pertanto, anche quando l'ART blocca completamente i successivi cicli di infezione delle cellule, i reservoir che sono stati infettati prima dell'inizio della terapia persistono e da questi reservoir l'HIV si rimbalza se la terapia viene interrotta. "Cure" potrebbe significare una cura di eradicazione, che significa liberare completamente il corpo del virus del reservoir o una cura funzionale dell'HIV, dove l'HIV può rimanere nelle cellule del reservoir, ma il rimbalzo ad alti livelli è prevenuto dopo l'interruzione della terapia. crede che ci sia una speranza per le persone che soffrono, la malattia di Parkinson, la schizofrenia, il cancro, la scoliosi, la fibromialgia, la tossicità da fluorochinolone
    Sindrome Fibrodisplasia Ossificans Progressiva.Fatal Familial Insomnia Factor V Leiden Mutazione, Epilessia Dupuytren's disease, Desmoplastic small-round tumore Diabete, Celiachia, Creutzfeldt-Jakob disease, Angiopatia amiloide cerebrale, Atassia, Artrite, Sclerosi laterale amiotrofica, Morbo di Alzheimer, Adrenocorticale carcinoma.Astma, Malattie allergiche. Hiv_ Aids, Herpe, Copd, Diabete, Epatite, ho letto di lui online su come curava Tasha e Tara, così l'ho contattato su drituaherbalcenter@gmail.com anche se ho parlato su whatsapps +2348149277967 credimi è stato facile Ho bevuto la sua medicina a base di erbe per due settimane e sono stato curato proprio come quello non è il dottor Itua un uomo prodigio? Si lo è! Lo ringrazio così tanto che ti consiglierò se sei affetto da una di quelle malattie che Pls lo contatta è un uomo gentile.

    RispondiElimina