martedì 20 dicembre 2011

FRANCESCO BORROMINI

FRANCESCO BORROMINI  
(1599-1667)

Borromini era originario di un paese sul lago di Lugano,  in quella zona della Svizzera che oggi chiamiano  Canton Ticino. Il cognome gli deriva dal padre adottivo, Brumino, perchè il suo cognome vero era Castelli. Ancora  giovanissimo si trasferì dapprima a Milano per imparare l’arte della costruzione e successivamente a Roma, dove lavorò con il contemporaneo Bernini, anche se il loro modo di concepire l’architettura era fortemente in antagonismo. Abbiamo visto di come l’unica opera che abbiano fatto insieme sia stata la copertura del baldacchino di San Pietro.
Borromini fu SOLO ARCHITETTO, sempre intellettualmente curioso ed ansioso di imparare, come viene attestato dalla sua biblioteca privata di oltre 1000 libri di architettura.
Proprio per le loro divergenze artistiche, Bernini fece in modo che Borromini ottenesse l’incarico di architetto presso la celebre università della Sapienza, in modo da allontanarlo dal proprio studio.
Purtroppo Borromini bruciò molti suoi disegni prima di suicidarsi. Ad ogni modo il disegno borrominiano è eseguito con grande cura, spesso a GRAFITE, materiale che usò tra i primi, un minerale di carbonio, untuoso e morbido, che lasciava un segno nitido color grigio piombo.

COLONNA TORTILE PER IL CIBORIO DELL’ALTARE DELLA CONFESSIONE IN SAN PIETRO – Royal Library Windsor Castle
Penna ed aquerello marrone su carta in cui con grande minuzia disegna i particolari del ciborio berniniano, il capitello composito, ornato di motivi vegetali ed api, che grazie all’aquerello, riesce a rendere tridimensionale.

PROGETTO PER LA LANTERNA DI SANT’ILVO ALLA SAPIENZA – Albertina di Vienna
Disegno in grafite, che rappresenta un progetto accuratissimo, eseguito in proiezioni ortogonali.

CHIESA E CHIOSTRO DI SAN CARLO ALLE QUATTRO FONTANE – Roma
Il piccolo chiostro ha pianta rettangolare con un doppio ordine di colonne: quelle in basso sono tuscaniche con l’abaco prolungato mentre quelle in alto sono trabeate. Agli angoli del rettangolo, che sono smussati, vi sono delle coppie di colonne che trasformano la pianta in ottagono con i lati curvi. La forma convessa del chiostro si ripete come motivo dominante in tutta la chiesa, dalla sua pianta ellitica movimentata da sporgenze e rientranze fino all’alta cornice.  Quattro arconi riconducono l’intera struttura al perfetto ovale della cupola cassettonata, ornata di croci, esagoni ed ottagoni.La grande novità è la pianta sinusoide della FACCIATA ESTERNA, composta da curve continue come la curva rappresentativa della funzione matematica del seno, contenuta da quattro colonne. L’ordine superiore invece presenta tre concavità, un coronamento a balaustra ed un medaglione centrale sorretto da angeli.
Borromini morì prima che la chiesa venisse terminata ed i lavori passarono al nipote Bernardo.

CHIESA DI SANT’ILVO ALLA SAPIENZA – Roma
Borromini progettò questa chiesa appena nominato architetto della Sapienza ed espresse qui il massimo della sua libertà creativa, partendo da una pianta geometrica e, abbandonando la regola rinascimentale delle proporzioni, proponendo una preziosa progettazione per SCHEMI GEOMETRICI.
Nella chiesa di Sant’Ilvo la forma della pianta prosegue in altezza,  culminando in una cupola che ripete spigoli e rientranze della pianta. Anche la facciata esterna ripete la stessa logica compositiva. Si nota nel TIBURIO che nasconde la cupola e le gradinate scoperte che la ricoprono. Dei contrafforti radiali curvilinei, ad arco rovescio, sorreggono la LANTERNA a facce concave separate da colonne binate. Il FASTIGIO della lanterna è un’elica scultorea che si restringe verso l’alto terminando con una croce. Borromini studiò con cura le proporzioni dell’insieme dell’edificio (della “fabbrica”), in modo che l’osservatore stante nel cortile percepisse le proporzioni ideali della cupola.
Intervento di trasformazione della BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO – Roma
Fra le  numerose attività architettoniche, occorre ricordare l’intervento di trasformazione della basilica paleocristiana che minacciava di crollare. Borromini, esaudendo il desiderio del Papa Innocenzo X in concomitanza dei preparativi del Giubileo del 1650, riuscì a conservare l’antica basilica, trattando l’edificio come una preziosa reliquia. Rinforzò le antiche strutture lasciandole visibili ed inglobandole nelle nuove. Inoltre utilizzò le antiche colonne per le edicole alla base dei grandi pilastri della navata centrale. Ogni pilastro è sottolineato da LESENE gigantesche che sorreggono la trabeazione
I pilastri delle navate laterali invece presentano ancora il tema dell’angolo smussato già utilizzato nel chiostro di San Carlo.

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