martedì 20 dicembre 2011

IL CARAVAGGIO

IL CARAVAGGIO
(1571-1610)

Michelangelo Merisi, viene chiamato Caravaggio perchè la famiglia era originaria di questa cittadina bergamasca, anche se lui nacque a Milano.
Non conosciamo particolari degli studi d’arte compiuti; possiamo supporre che prima di trasferirsi a Roma abbia conosciuto il colorismo veneto, che spiegherebbe la sua sensibilità per le luci e le ombre. A Roma frequenta la bottega del Cavalier D’Arpino, un pittore allora in voga e  lavora per personaggi legati al clero, come il cardinale del Monte, che gli commissionò la celeberrima Canestra di frutta e la Testa di Medusa.
Nonostante ricevesse molte commissioni era povero e trasandato, sempre vestito di stracci. Frequentava locali malfamati, si lasciava coinvolgere in risse di ogni genere, finchè nel 1606 una lite, finì con un omicidio e Caravaggio, condannato alla decapitazione, fu costretto a fuggire da Roma, rifugiandosi a Napoli, poi a Malta dove lavorò per il Cavalieri dell’Ordine di Malta. Morì di malaria in un paese della Maremma grossetana.

CANESTRA DI FRUTTA – Pinacoteca Ambrosiana – Milano
Un olio su tela di piccole dimensioni realizzato su una tela di recupero, che è un pretesto per osservare e riprodurre minuziosamente e meticolosamente la realtà. L’insieme appare semplice e disadorno, eppure se si osservano i particolari, ci si accorge che la qualità artistica è straordinaria.
La visione frontale non intimorisce il Caravaggio che fa sporgere il cestino sul piano d’appoggio e allontana lo sfondo, tingendolo di chiaro. Sorprendente l’intreccio della paglia del cestino. Le foglie appassite, la mela ammaccata, gli acini dell’uva schiacciati.
Una precisa volontà di rappresentare la realtà semplice e cruda, senza abbellimenti e correzioni.
Ma attenzione: Caravaggio non è un pittore realista ma barocco! Egli non si accosta alla natura per capirne le leggi come gli artisti del quattrocento: egli semplicemente la contempla così com’è.

BACCO – Galleria degli Uffizi – Firenze
L’olio su tela rappresenta un giovanetto travestito da patrizio romano che regge con delicatezza un calice di vino. In primo piano un cesto di frutta dipinto con la stessa meticolosa realtà con cui avrebbe realizzato successivamente la canestra di frutta, già descritta prima. Qualsiasi particolare del dipinto è realizzato con una perfezione straordinaria, come le trasparenze del bicchiere ed i riflessi del liquido nel recipiente di vetro. La scena potrebbe rappresentare anche qualcosa di mistico ed alcuni oggetti, come la melagrana spaccata, la cintura nera, il drappo nero, potrebbero metaforicamente ricordare la passione di Cristo.

LA CHIAMATA DI SAN MATTEO – Chiesa di San Luigi dei Francesi – Roma
Si tratta di una delle tre grandi tele commissionategli per la chiesa di san Luigi dei Francesi e rappresenta il momento in cui Gesù sceglie l’apostolo Matteo.
La scena è ambientata in un locale scuro e povero che ricorda le sordide osterie frequentate dall’artista. Gesù entra ed indica con il braccio teso in direzione del futuro apostolo, il quale risponde con un gesto interrogativo, puntando l’indice su se stesso.
Dei cinque personaggi seduti al tavolo solo tre si accorgono della presenza di Gesù. Gli altri due sono troppo intenti a contare i soldi.
Il messaggio di Caravaggio è chiarissimo: la chiamata di Dio è per tutti ma siamo liberi di scegliere se ascoltarla o di respingerla.
Protagonista di questa tela è la luce che squarcia il buio provenendo realmente da una porta che si apre sull’esterno lasciando entrare il sole nel locale, idealmente emanata dal braccio di Gesù da cui si irradia sui volti dei presenti.
L’abbigliamento dei personaggi non ricorda l’evento evangelico; da notare che forse l’aureola è stata aggiunta in una fase successiva, per accontentare i committenti religiosi.
CONVERSIONE DI SAN PAOLO – Chiesa di Santa Maria del Popolo – Roma
Diversamente dai racconti biblici, la scena è ambientata in una stalla e sono solo tre i testimoni dell’attimo in cui Dio parla a Saulo: il cavallo, che con la sua mole occupa quasi tutta la tela, lo scudiero ed infine Saulo, steso in terra in una posizione di straordinario realismo. Ai raggi x si è scoperto che sotto vi è un’altra versione del dipinto, molto diversa ed audace, con un Saulo spaventato che guarda attonito verso l’osservatore.
In realtà, se la versione attuale è stata comunque giudicata blasfema per l’ambientazione, venne ritoccata perchè nella prima versione vi era anche il personaggio di Dio, successivamente eliminato.
La luce proviene dall’alto ad investire Saulo, indifeso in terra, nonostante la spada. La luce è metafora della fede che squarcia le tenebre del paganesimo.

MORTE DELLA VERGINE – Louvre – Parigi
Questa fu l’ultimo lavoro romano di Caravaggio che gli venne rifiutata dai committenti, i Carmelitani Scalzi, perchè la figura della vergine era irrispettosa, raffigurata così scomposta un attimo dopo la morte. Pare che per modello egli avesse utilizzato il cadavere di una prostituta annegata nel Tevere, infatti il ventre è gonfio, e potrebbe essere simbolo di perenne contenitore di grazia. Rappresentando il dolore e la morte in modo tanto umano, Caravaggio rivela la propria profonda religiosità e sensibilità.
La luce entra da una finestra posta in alto ed illumina i volti, le espressioni di dolore degli apostoli, essendo simbolo della grazia divina, lasciandone in penombra i corpi.

DAVID CON LA TESTA DI GOLIA – Galleria Borghese – Roma
Uno dei dipinti più drammatici della produzione di Caravaggio, dove buio e luce evocano emozioni intense. Un David adolescente regge per i capelli la testa mozzata di Golia, i cui lineamenti rappresentano con realismo straordinario occhi che guardano ma non vedono, labbra che tentano un ultimo grido. Il volto di Golia è un autoritratto di Caravaggio.

Dopo di Caravaggio, che non ebbe allievi,  molti artisti barocchi tentarono di utilizzare lo stesso gioco di luci ed ombre, senza trovare il giusto equilibrio e cadendo spesso nel grottesco e nel volgare.

Approfondimento: La tecnica pittorica di Caravaggio
Diversamente dalla prassi consueta, partiva da un fondo fortemente scurito con nero di vite e dipingeva l'abbozzo monocromo a tutto campo. Le figure erano campite con biacca a pasta densa nelle parti destinate a rimanere più in luce e via via più diluita, quasi lattiginosa nelle zone da lasciare in ombra.
In questo modo, sfruttando la preparazione del fondo, gli scuri venivano ricavati per sottrazione, operando l'artista in negativo. Sempre per sottrazione procedeva coprendo i bianchi piuttosto che aggiungerli.
Sull'abbozzo il Caravaggio interveniva quindi in una prima stesura con le velature bruno dorate per definire le penombre, quindi cercava di infondere alle parti una coloritura al naturale. Velando, ad esempio, gli incarnati con diluizione di lacche rosse o di cinabro si producevano i vaghi rosa abbronzati.
Infine, quando necessario, si alzavano ancora le parti brillanti con altra biacca stesa con un pennello più asciutto. L'intero processo si svolgeva su superfici non del tutto seccate, ma ancora morbide.

CURIOSITA’
Dalle testimonianze dei contemporanei, sappiamo come Caravaggio aveva fatto realizzare un buco nel soffitto del suo studio per consentire la penetrazione della luce che, attraverso l'uso combinato di uno specchio concavo e di una lente biconvessa, proiettava sulla superficie della tela l'immagine del soggetto messo in posa.
La scoperta nella biacca di presenza di materiali fotosensibili quali argento, arsenico, magnesio, zolfo e iodio farebbe pensare che tali sostanze avrebbero consentito al pittore di fissare temporaneamente l'immagine sulla tela, utilizzando la fluorescenza che avrebbe spiccato molto di più su uno sfondo scuro che su uno chiaro.

Nessun commento:

Posta un commento