IL TINTORETTO                 (la luce)
(1518-1594)
Era tipico nel 500 attribuire ai bimbi dei nomi vezzeggiativi in  riferimento all’attività del padre: quello di Jacopo Robusti faceva il  tintore di tessuto a Venezia.
Già a 15 anni lavorava alla bottega di Tiziano, quindi la sua prima formazione si rifà al tonalismo tizianesco.
Pare che Tiziano lo allontanò, forse per gelosia. Frequentò la scuola di  disegno fiorentino-romana senza allontanarsi da Venezia. Michelangelo  ispira l’opera del Tintoretto sia per la tecnica del disegno sia per i  soggetti: chiaro però che Tintoretto copia da modelli inanimati, non  persone vere.
Il Tintoretto usa il colore per accendere di luce il disegno. Nella  ritrattistica la sua tecnica evidenzia i personaggi in una novità  stilistica molto simile al futuro barocco. Attraverso la luce egli  riesce a definire caratteri e psicologie dei volti; i suoi ritratti  incantano anche per la definizione e la resa.
Anche se diventa il pittore ufficiale di alcune confraternite che non  gli fanno mancare commissioni, il Tintoretto verrà apprezzato solo nei  secoli a venire, con il barocco e soprattutto con l’impressionismo,  perchè i suoi contemporanei gli criticano il disegno e gli preferiscono  la passionalità di Tiziano.
Vasari pur ammettendo la sua bravura con il colore, gli contesta la  scarsa preparazione artistica che lo porta a dipingere opere colossali,  copiando dallo studio dei grandi.
Morì di febbre mentre dipingeva una grandiosa ultima cena.
STUDIO DI ARCIERE  (Uffizi- Firenze) : i tratti di questo disegno  carboncino su carta quadrettata sono nervosi, schematizzati, la linea è  discontinua, data dalla somma di più tratti curvilinei.
MIRACOLO DELLO SCHIAVO (Gallerie dell’Accademia – Venezia): noto come  Miracolo di San Marco, questo quadro rappresenta la vicenda del santo  che protegge uno schiavo, sorpreso dal padrone pagano a venerare delle  reliquie sacre, rendendolo invulnerabile al martirio.
La scena è piena di luce e movimento. 
Il colore è vivo in primo piano, per conferire volume ai corpi, via via  sbiadendo verso lo sfondo, per creare l’illusione prospettica.
La luce è viva nella piazza, tetra dove si svolge la tragedia;  innaturale e divina la luce attorno al santo, che si riflette  miracolosamente sullo schiavo steso in terra.
I personaggi di sinistra si sporgono verso la scena, come per meglio  vedere; i personaggi di destra tendono a ritrarsi, intimoriti,  meravigliati, intimoriti.
Pietro Aretino, allievo di Tintoretto, commentò che la scena sembra  vera, ma avrebbe dovuto impiegare più tempo a curare i particolari.
SUSANNA E I VECCHIONI (Vienna): racconta l’Antico Testamento che due  vecchi giudici si fecero rinchiudere nel giardino di Susanna per  approfittar di lei mentre faceva il bagno; quando lei li rifiutò, per  vendetta essi la accusarono di adulterio; mentre stava per essere  lapidata venne salvata dal profeta Daniele.
Per il Tintoretto questo soggetto è un pretesto per un nudo femminile,  che non sembra iconograficamente nè un soggetto ebreo/cristiano nè  proveniente dalla mitologia classica.
Sia la composizione sia la postura sono assolutamente innovativi rispetto ai canoni classici.
La luce che emana dal corpo di Susanna la fa emergere dall’ombra del  giardino. La stessa luce rimbalza sui suoi capelli, sulla linea della  schiena, sulle frange della sciarpa, sui suoi oggetti da toeletta,  facendo sprofondare la prospettiva di un giardino ricchissimo di  particolari.
In anticipo rispetto ai tempi della Controriforma, Tintoretto comincia a  dipingere soggetti biblici, inconsapevolmente trasmettendo i dogmi   attraverso quelle emozioni e sentimenti. Riesce ad ottenere l’appalto  per diventare pittore ufficiale della Scuola Grande di San Rocco, una  ricca ed importante confraternita laica. In realtà mentre gli altri  concorrenti aspiranti al prestigioso titolo preparavano bozzetti,  Tintoretto dipinse direttamente il telero definitivo, facendolo  collocare già al posto giusto. Per la Scuola Grande egli dipinse oltre  50 opere che ancora oggi tappezzano pareti e soffitti dell’edificio.
LA CROCIFISSIONE – Venezia – Scuola Grande di San Rocco
Questo enorme olio su tela (536x1224) occupa un’intera parete di una  sala in cui i potenti reggenti della confraternita tenevano le loro  riunioni. Miriadi di personaggi disposti a gruppi per formare una sorta  di ruota, i cui raggi sono rappresentati dalle croci dei ladroni ancora  in terra e da una scala. Anche qui protagonista fondamentale è la luce,  che rimbalza ad illluminare ora un abito, ora un volto, ora un albero.  Si sa che il Tintoretto preparasse dei modellini in legno con dei  personaggi in cera che poi illuminava con lanterne e candele per  rendersi conto degli effetti di luce.
L’ULTIMA CENA – Venezia – Chiesa di San Giorgio Maggiore
E’ davvero la sua ultima opera, terminata appena prima di morire.  Inconsueta l’ambientazione in osteria pubblica e la collocazione della  tavolata, disposta trasversalmente e non parallela al piano del dipinto.  La luce ha origine da una lampada appesa al soffitto che illumina le  travi, gli abiti della serva, il gatto curioso, le spalle dell’oste. Gli  apostoli sono illuminati da un bagliore diverso, fluorescente. Gli  angeli invece emanano una luminosità incorporea, evanescente. Alla fine  di questo crescendo luminoso la figura di Cristo emana una luce  intensissima e soprannaturale. 
Questo ultimo dipinto è un precursore dello stile barocc
 
 
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