martedì 20 dicembre 2011

IL TINTORETTO

IL TINTORETTO                 (la luce)
(1518-1594)

Era tipico nel 500 attribuire ai bimbi dei nomi vezzeggiativi in riferimento all’attività del padre: quello di Jacopo Robusti faceva il tintore di tessuto a Venezia.
Già a 15 anni lavorava alla bottega di Tiziano, quindi la sua prima formazione si rifà al tonalismo tizianesco.
Pare che Tiziano lo allontanò, forse per gelosia. Frequentò la scuola di disegno fiorentino-romana senza allontanarsi da Venezia. Michelangelo ispira l’opera del Tintoretto sia per la tecnica del disegno sia per i soggetti: chiaro però che Tintoretto copia da modelli inanimati, non persone vere.
Il Tintoretto usa il colore per accendere di luce il disegno. Nella ritrattistica la sua tecnica evidenzia i personaggi in una novità stilistica molto simile al futuro barocco. Attraverso la luce egli riesce a definire caratteri e psicologie dei volti; i suoi ritratti incantano anche per la definizione e la resa.
Anche se diventa il pittore ufficiale di alcune confraternite che non gli fanno mancare commissioni, il Tintoretto verrà apprezzato solo nei secoli a venire, con il barocco e soprattutto con l’impressionismo, perchè i suoi contemporanei gli criticano il disegno e gli preferiscono la passionalità di Tiziano.
Vasari pur ammettendo la sua bravura con il colore, gli contesta la scarsa preparazione artistica che lo porta a dipingere opere colossali, copiando dallo studio dei grandi.
Morì di febbre mentre dipingeva una grandiosa ultima cena.

STUDIO DI ARCIERE  (Uffizi- Firenze) : i tratti di questo disegno carboncino su carta quadrettata sono nervosi, schematizzati, la linea è discontinua, data dalla somma di più tratti curvilinei.

MIRACOLO DELLO SCHIAVO (Gallerie dell’Accademia – Venezia): noto come Miracolo di San Marco, questo quadro rappresenta la vicenda del santo che protegge uno schiavo, sorpreso dal padrone pagano a venerare delle reliquie sacre, rendendolo invulnerabile al martirio.
La scena è piena di luce e movimento.
Il colore è vivo in primo piano, per conferire volume ai corpi, via via sbiadendo verso lo sfondo, per creare l’illusione prospettica.
La luce è viva nella piazza, tetra dove si svolge la tragedia; innaturale e divina la luce attorno al santo, che si riflette miracolosamente sullo schiavo steso in terra.
I personaggi di sinistra si sporgono verso la scena, come per meglio vedere; i personaggi di destra tendono a ritrarsi, intimoriti, meravigliati, intimoriti.
Pietro Aretino, allievo di Tintoretto, commentò che la scena sembra vera, ma avrebbe dovuto impiegare più tempo a curare i particolari.

SUSANNA E I VECCHIONI (Vienna): racconta l’Antico Testamento che due vecchi giudici si fecero rinchiudere nel giardino di Susanna per approfittar di lei mentre faceva il bagno; quando lei li rifiutò, per vendetta essi la accusarono di adulterio; mentre stava per essere lapidata venne salvata dal profeta Daniele.
Per il Tintoretto questo soggetto è un pretesto per un nudo femminile, che non sembra iconograficamente nè un soggetto ebreo/cristiano nè proveniente dalla mitologia classica.
Sia la composizione sia la postura sono assolutamente innovativi rispetto ai canoni classici.
La luce che emana dal corpo di Susanna la fa emergere dall’ombra del giardino. La stessa luce rimbalza sui suoi capelli, sulla linea della schiena, sulle frange della sciarpa, sui suoi oggetti da toeletta, facendo sprofondare la prospettiva di un giardino ricchissimo di particolari.

In anticipo rispetto ai tempi della Controriforma, Tintoretto comincia a dipingere soggetti biblici, inconsapevolmente trasmettendo i dogmi  attraverso quelle emozioni e sentimenti. Riesce ad ottenere l’appalto per diventare pittore ufficiale della Scuola Grande di San Rocco, una ricca ed importante confraternita laica. In realtà mentre gli altri concorrenti aspiranti al prestigioso titolo preparavano bozzetti, Tintoretto dipinse direttamente il telero definitivo, facendolo collocare già al posto giusto. Per la Scuola Grande egli dipinse oltre 50 opere che ancora oggi tappezzano pareti e soffitti dell’edificio.

LA CROCIFISSIONE – Venezia – Scuola Grande di San Rocco
Questo enorme olio su tela (536x1224) occupa un’intera parete di una sala in cui i potenti reggenti della confraternita tenevano le loro riunioni. Miriadi di personaggi disposti a gruppi per formare una sorta di ruota, i cui raggi sono rappresentati dalle croci dei ladroni ancora in terra e da una scala. Anche qui protagonista fondamentale è la luce, che rimbalza ad illluminare ora un abito, ora un volto, ora un albero. Si sa che il Tintoretto preparasse dei modellini in legno con dei personaggi in cera che poi illuminava con lanterne e candele per rendersi conto degli effetti di luce.

L’ULTIMA CENA – Venezia – Chiesa di San Giorgio Maggiore
E’ davvero la sua ultima opera, terminata appena prima di morire. Inconsueta l’ambientazione in osteria pubblica e la collocazione della tavolata, disposta trasversalmente e non parallela al piano del dipinto. La luce ha origine da una lampada appesa al soffitto che illumina le travi, gli abiti della serva, il gatto curioso, le spalle dell’oste. Gli apostoli sono illuminati da un bagliore diverso, fluorescente. Gli angeli invece emanano una luminosità incorporea, evanescente. Alla fine di questo crescendo luminoso la figura di Cristo emana una luce intensissima e soprannaturale.
Questo ultimo dipinto è un precursore dello stile barocc

Nessun commento:

Posta un commento